Volantini [24.04.2006]
La nostra Resistenza è contro il capitalismo

Argomenti trattati: Italia ~ Centro-Sinistra ~ Ideologie ~ Stalinismo ~ Storia


I partiti dell’Unione hanno trasformato questo 25 Aprile nella loro kermesse, per festeggiare la risicata vittoria elettorale e la fine dell’era Berlusconi. Per chi mira a gestire l’ordine sociale esistente per conto dei padroni del vapore, è più che legittimo.

La Resistenza che ha vinto nel 1945 è stata quella dei Togliatti, dei Pertini e dei Saragat, dei La Malfa e dei Mattei: quella che avrebbe garantito la continuità del sistema economico e sociale italiano, nonostante la sconfitta militare, cambiandone solo la facciata politica. Quella che avrebbe garantito alla borghesia la conservazione del monopolio dei mezzi di produzione, nella repubblica democratica come nella monarchia fascista.
Questa resistenza borghese ha utilizzato la resistenza della classe lavoratrice italiana, fatta non solo di scontri armati in montagna e in città, ma anche di scioperi e mobilitazioni nelle fabbriche, mossa dalla ribellione alla guerra, ai razionamenti, ai bombardamenti e a tutte le conseguenze della rovinosa avventura militare dell’imperialismo italiano. I lavoratori non erano quindi animati da uno slancio patriottico ma dall’aspirazione per una realtà migliore e una società più equa.
La resistenza che facciamo nostra è quella di moltissimi comunisti che concepivano la lotta partigiana come l’inizio della rivoluzione sociale, che combattevano non solo per la fine del fascismo ma anche per eliminare il sistema capitalista che aveva prodotto il fascismo e la guerra. Furono diverse le formazioni rivoluzionarie che tentarono di dare un indirizzo comunista rivoluzionario alla lotta antifascista: Stella Rossa (Torino), Bandiera Rossa (Roma), Il Lavoratore (alto milanese)…
Furono schiacciate dalla repressione non solo e non tanto del fascismo quanto da quella del partito stalinista che con la svolta di Salerno (1944), aveva deciso di collaborare col grande capitale italiano alla ricostruzione nazionale dove i lavoratori continuavano a subire lo sfruttamento e i capitalisti ad ammucchiare i profitti.

In questo 25 aprile che prelude al nuovo governo Prodi non è possibile avvertire, e non vi può essere, odore di cambiamento reale; tant’è che la coalizione di centro-sinistra è stata appoggiata dalla Confindustria e da tanta grande stampa borghese.
Che l’antifascismo ufficiale sia solo di maniera è dimostrato dal fatto che non ritiene opportuno denunciare le sue atrocità fasciste commesse in Libia e in Etiopia, e sui massacri di oltre mezzo milione di serbi commessi durante la Seconda guerra mondiale, per avvalorare la favola degli “italiani brava gente” e coprire gli interessi dell’imperialismo italiano di ieri e di oggi.
Per questo l’Unione ha taciuto in campagna sul ritiro delle truppe d’occupazione italiane in Irak, di fatto acconsentendo – del resto fu il governo D’Alema a partecipare alla guerra contro la Serbia per il Cossovo.

Oggi è indispensabile riprendere il filo dell’antifascismo di classe, di una tradizione di lotta non per gli interessi nazionali della borghesia ma per una società senza sfruttamento e senza frontiere; è indispensabile ricollegarsi alle lotte dei lavoratori non solo in Italia ma nel resto del mondo, rifiutando ogni solidarietà patriottica e denunciando innanzitutto l’imperialismo del proprio paese.
I lavoratori non hanno patria, il nemico storico è il capitalismo, oggi in forma democratica, ieri in forma fascista.

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