La fine dell’assetto di Yalta non poteva che sprigionare un processo di
profonda ridefinizione dei rapporti tra le potenze imperialistiche.
Queste trasformazioni, le lotte che le hanno accompagnate, si sono ammantate
e si ammantano di rappresentazioni ideologiche, ma il compito
dell’analisi marxista è quello di indicare, sulla scorta dei fatti verificati, i nodi
reali della contesa imperialistica, l’azione effettiva degli imperialismi e i suoi
risultati riscontrabili.
In questo modo possono essere poste le basi per un’azione politica
autonoma della classe lavoratrice.
A conferma dell’interpretazione data da Cervetto degli accordi di Yalta,
sostanziatisi in gran parte nella concessione all’Unione Sovietica di una
sovraestesa sfera di influenza per tenere a freno la Germania, il loro esaurirsi
ha generato le maggiori tensioni nell’Europa orientale e balcanica e
attorno al nuovo ruolo che andava assumendo la Germania.
La ridefinizione dei rapporti tra gli imperialismi in Europa ha conosciuto una
fase acuta in un arco temporale che possiamo definire come il ciclo politico
europeo, i cui due estremi sono costituiti dalla riunificazione tedesca e dalla
crisi irachena.
Isolare in questo modo una determinata fase storica è un’operazione inevitabilmente
arbitraria, ma non priva di una sua logica e di significato politico.
Processi sociali, azioni politiche sono infatti suscettibili di valutazione e
consuntivo solo se collocati in un arco temporale che sia delimitato da
eventi significativi e probanti. Per contro, ogni possibilità di esprimere una
valutazione su processi e avvenimenti svanisce se si assume come orizzonte
temporale una prospettiva indefinita. Il giudizio politico sull’azione di uomini,
Stati e classi diventa impossibile se questa azione è considerata sempre
parte di un illimitato divenire, nella cui estensione infinita ogni azione e ogni
processo risultano ingiudicabili perché di fatto mai conclusi.
Nel corso del ciclo politico europeo, la Germania è riuscita a fare accettare a
tutti i principali interlocutori e concorrenti imperialistici la propria riunificazione,
impegnandosi in una ridefinizione dei rapporti soprattutto con la Francia
e gli Stati Uniti.
La revisione del legame con la Francia ha attraversato momenti di tensione
e di serrato confronto. Questi momenti di tensione, divenuti evidenti con i
travagliati negoziati del vertice di Nizza, si sono espressi anche con la disponibilità
di Berlino a indirizzare i propri sforzi diplomatici in direzione della
Gran Bretagna e con la campagna che la Francia ha condotto in prima
battuta contro l’Austria, impugnando, però, temi oggettivamente antitedeschi
come la lotta al riemergere di correnti politiche di matrice nazista.
Nel prosieguo del ciclo politico europeo e nel quadro di una costruzione
comunitaria che proprio in questa fase ha conosciuto un notevole sviluppo,
la Germania ha finito per ottenere la reimpostazione del tradizionale asse
renano sulla base di mutati rapporti di forza.
L’azione politica con cui, successivamente, la Germania ha accelerato la
ridefinizione dei rapporti con gli Stati Uniti è, al contempo, rivelatrice dei
mutamenti che Berlino è riuscita ad imporre e dei limiti della sua forza nel
confronto imperialistico.
La rivendicazione di autonomia avanzata dal Governo Schroeder rispetto alla
politica statunitense sull’Irak, rivendicazione a cui è stato conferito il risalto
di una campagna elettorale nazionale, ha sancito il rinnovato asse renano.
Questo nucleo europeo si è mostrato sufficientemente saldo da reggere
alle
pressioni statunitensi, saldezza derivante proprio dall’accettazione da
parte
francese del mutamento avvenuto nei rapporti con la Germania, ma
nonsufficientemente forte da attrarre un più vasto raggruppamento
di Paesi europei attorno ad una linea di
opposizione alla politica statunitense.
Il risultato è stato un sostanziale isolamento dell’asse
renano, la conferma di profonde divisioni in Europa, con
la possibilità per gli Stati Uniti di fare leva su di esse.
Tutto ciò ha favorito la tendenza al ridimensionamento
del quadro comunitario come ambito in cui procedere nei
tentativi di coordinare e integrare le politiche dei
principali imperialismi europei.
La costruzione comunitaria sta oggi lasciando sempre più
spazio ad iniziative ristrette, bilaterali o comunque al di
fuori della cornice comunitaria.
Istituzioni, ambiti comunitari si sono rivelati in una certa
misura funzionali al processo di ridefinizione degli assetti
imperialistici europei, che ha potuto così svolgersi in
maniera relativamente regolamentata, risultato non
irrilevante, vista la portata dei cambiamenti in questione
e la gravità dei conflitti che avrebbero potuto innescare.
Tuttavia, l’impiego e la rilevanza di questi ambiti comunitari
sono e saranno condizionati dall’evoluzione dei
rapporti tra imperialismi.
Le interpretazioni ideologiche sorte o rafforzatesi durante
il ciclo politico europeo hanno scorto nell’azione degli
imperialismi europei un procedere verso l’unità politica
del continente e nelle istituzioni comunitarie le componenti
di una nascente entità statale europea.
Questa interpretazione può anche essere stata suffragata
dalle più sincere convinzioni di autorevoli protagonisti
politici del ciclo europeo, ma la constatazione degli esiti,
fin qui raggiunti, di questo ciclo ne indica il contenuto
effettivo nel processo di ridefinizione dei rapporti tra
Stati imperialistici entro la cornice comunitaria.
Un primo bilancio permette, quindi, di individuare i
fondamentali risultati del ciclo europeo: sostanziale
ridefinizione dei rapporti europei ruotanti attorno alla
Germania, istituzione di una moneta unica come pegno
tedesco per la riunificazione e spartizione delle spoglie
dell’impero sovietico.
Questo bilancio è stato in gran parte reso possibile dalla crisi irachena e dalle sue conseguenze in Europa.
Ancora una volta è stato confermato il giudizio di Trotsky sulla guerra che, “come la rivoluzione, si distingue
perché spazza via con un sol colpo le formule
vuote e mette a nudo la realtà”. Le ideologie
dell’unità europea hanno dovuto cedere il passo
all’azione concreta degli imperialismi europei, con le loro
alleanze e le loro divergenze. La borghesia italiana, pur
rimanendo parte di una consolidata rete di relazioni
europee, ha dimostrato di perseguire ancora i propri
interessi, impostando una propria politica e dandone
attuazione con gli organi del proprio Stato.
Di fronte all’azione dell’imperialismo italiano suona più
che mai attuale il richiamo internazionalista a contrastare
innanzitutto il nemico in casa nostra, e il nemico in casa
nostra è ancora l’imperialismo italiano.
M.I.