Vita e morte di uno scalpellino anarchico - Novità editoriale di Pagine Marxiste
Questo diciottesimo, nuovo titolo va ad aggiungersi alla serie verde delle edizioni di Pagine Marxiste, dedicata alle lotte operaie e alle altre correnti rivoluzionarie. Il libro riprende un filone che già ha caratterizzato altre nostre opere, ovvero la storia del sovversivismo attraverso le vicende di un singolo militante. Nel presentare una storia personale particolarmente triste, truce, dolorosa, estrema, quella dello scalpellino anarchico Carlo Restelli, si affronta un lungo viaggio nel movimento libertario, che tocca tappe fondamentali quali l’emigrazione (Stati Uniti, Svizzera) e la Milano degli anni ’20. Gli avvenimenti descritti, inquadrati nel primo Novecento fino alla tragica fine del protagonista nel 1933, sono cruciali per il movimento anarchico ma anche per tutto il movimento rivoluzionario.
VERMONT La narrazione comincia nello stato americano del Vermont, dove, a partire dall’ultimo ventennio dell’Ottocento, la forte espansione dell’attività estrattiva del granito attirò manodopera qualificata ed esperta dall’Europa. Da zone estrattive del Nord Italia e del Carrarese arrivarono cavatori, marmisti, scalpellini, che si concentrarono nelle cave di Barre. La durezza del lavoro, con la silicosi sempre in agguato e le condizioni precarie degli alloggi furono tra i motivi principali che spinsero gran parte degli emigranti italiani, e tra questi il protagonista del nostro libro, nato a Rockland nel 1880, ad aderire al locale gruppo anarchico, animato dall’antiorganizzatore Luigi Galleani, fondatore del giornale «Cronaca Sovversiva».
I galleanisti, nel predicare la rivolta individuale e collettiva, organizzarono momenti di coesione fatti di “pic-nic”, “feste della frutta” e da ballo, al fine di raccogliere sottoscrizioni una cui parte venne inviata al movimento in Italia, oggetto di una forte repressione. E si scontrarono frontalmente con i socialisti di Giacinto Menotti Serrati, con esiti tragici, come viene descritto nel libro.
CLIVIO Tre anni dopo il suo rientro in Italia, Restelli fu tra i principali promotori e fondatori della Scuola Moderna Razionalista di Clivio, che faceva propri gli insegnamenti del pedagogo catalano Francisco Ferrer, fucilato a Barcellona, e di Luigi Molinari.
La Scuola fu l’unica aperta in Italia, altri tentativi a Milano e Bologna fallirono.
Se il lavoratore di Clivio non era “certo assimilabile all’operaio massa dei grandi insediamenti industriali del Nord-Italia” per cui “fu influenzato dal pensiero anarchico e libertario e da una visione della vita e dell’impegno politico che esaltava i caratteri di individualismo e di indipendenza ideale”,1 tale caratterizzazione non riguardò solo le valli, bensì tutto il movimento anarchico lombardo compreso quello milanese, i cui militanti in larga maggioranza aderirono alle correnti individualista e antiorganizzatrice, con tutte le conseguenze del caso.
L’attività ruotava intorno a Carlo Molaschi, Giuseppe Monnanni, Pietro Bruzzi, Francesco Ghezzi, Ettore Molinari, Nella Giacomelli. Il movimento anarchico in quegli anni cominciò a mietere consensi anche all’interno della stessa classe operaia delle concentrazioni industriali (nel 1912 nacque l’Unione Sindacale Italiana, cui aderirono molti anarchici), in contrapposizione ai riformisti socialisti e a fianco della minoranza che avrebbe fondato il partito comunista d’Italia nel 1921.
Quando l’Italia entrò in guerra, individualisti e antiorganizzatori lombardi avevano già alle spalle una forte attività antimilitarista fatta di scontri con gli interventisti e assistenza ai disertori. Efficace, per inquadrare la situazione nel movimento milanese, quanto disse Mario Mantovani: “il nostro naturale disprezzo per la “mandria umana” e la superba torre d’avorio della perfezione in cui pretendevamo rinchiuderci per giudicare dall’alto delle supreme vette (sono espressioni del Molaschi di allora) il misero mondo sottostante, non ci impedivano di partecipare, attivi, a scioperi e manifestazioni popolari, a tirar sassi sulla polizia e sui crumiri e … di interrompere il buon Randolfo Vella quando, nei comizi all’Arena, proclamava di parlare a nome degli anarchici milanesi e noi, gli antiorganizzatori per antonomasia, gli individualisti intrattabili, gli si gridava: “l’è minga vera!”. Poi ci si ritrovava nelle guardine regie e ci si inferociva in interminabili discussioni sull’anti-Malatesta e sull’anti-Stirner.
Come non ci impediva di fare a botte con i nazionalisti interventisti nelle piazze, nel 1914-1915, contro l’entrata in guerra dell’Italia o di accorrere a difendere l’«Avanti!» dagli assalti delle turbe fanatizzate da Corridoni e da Mussolini”.2
ZURIGO Anche Restelli riparò a Zurigo da disertore, trovandosi assieme a un folto gruppo di giovani individualisti fuoriusciti e finendo incarcerato con loro per l’affare delle bombe, un complotto inventato dalla polizia svizzera a seguito del ritrovamento di esplosivi, con l’intento di colpire il gruppo. Qui entra, nel corso della narrazione, la figura di Luigi Bertoni, anarchico italo-elvetico che ebbe un ruolo centrale nella vicenda umana di Restelli. Il Bertoni, organizzatore, anarchico comunista, fu bersaglio degli attacchi degli individualisti come degli antiorganizzatori; fu un rivoluzionario tanto pieno di umanità quanto complesso politicamente; condannò aspramente la repressione degli anarchici russi e ucraini da parte dei bolscevichi e fu scettico successivamente verso i “piattaformisti” russi (gli “organizzatori” per eccellenza).
MILANO Nel settembre del 1920, all’apice del biennio rosso, il movimento anarchico milanese viveva i suoi momenti migliori; il suo quotidiano «Umanità Nova» diffondeva decine di migliaia di copie tra gli operai; gli anarchici ebbero ruoli di primo piano nell’occupazione delle fabbriche, poi terminata con un compromesso ignobile tra i traditori riformisti e Giolitti.
Nel gennaio 1921 i comunisti si scissero dal PSI a Livorno e, nonostante i dirigenti del neonato partito comunista ribadissero l’inconciliabilità della dottrina marxista con quella anarchica in tutte le sue varianti individualiste, anarcosindacaliste, comuniste, e gli anarchici esprimessero un’opposizione crescente al bolscevismo accentratore, sul terreno della lotta di classe i seguaci delle due tendenze rivoluzionarie, comunisti e anarchici, si ritrovarono fianco a fianco (in piazza come in galera) moltissime volte solidarizzando fra loro. Di fronte alla drammatica detenzione di Malatesta, Borghi e Quaglino, nel marzo 1921 tre individualisti decisero in totale autonomia dal resto del movimento di collocare una bomba al teatro Diana di Milano, che fece una strage.
Fu un momento cruciale in seguito al quale si intensificò la reazione del fascismo e della borghesia, che azzerò il movimento anarchico a Milano e mise all’angolo i comunisti.
In seguito nacque un dibattito all’interno del movimento anarchico sugli atti estremi di violenza individuale, sul dare solidarietà o meno agli autori di questi atti, che continuò per lunghissimo tempo sulle colonne dei giornali in lingua italiana editi all’estero da anarchici fuoriusciti.
Anche a Clivio arrivò la violenza fascista e la Scuola fu costretta a chiudere. Nel corso degli anni Venti il dettagliato racconto sulle vicende personali di Restelli, afflitto da una miseria permanente arriva al 1931 quando finì stritolato nelle lotte interne al movimento, venendo accusato da alcuni individualisti di essere una spia e un delatore.
Accuse tanto piene d’odio quanto non supportate da prove, che si trascineranno ben oltre la sua tragica fine, un “buco” nell’umanesimo tanto rivendicato dagli anarchici.
Nel racconto, non privo di passaggi commoventi, l’autore offre un dettagliato profilo del protagonista e inquadra le mosse dei suoi accusatori nel più generale scontro interno al movimento anarchico, tutt’altro che di bassa intensità, tra individualisti da una parte e organizzatori dall’altra. ■
1. . G. Bertoni, La scuola moderna di Clivio, citata nel libro.
2. . M. Mantovani, Figure di militanti. Il «nostro» Carlo Molaschi, «Umanità Nova, 12 aprile 1964.