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N°26 Pagine Marxiste - Gennaio 2011
“COMUNISTI DAL VENTUNO”
Gennaio 1921 – gennaio 2011 90° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL PARTITO COMUNISTA D’ITALIA



Appartengo alla schiera dei fortunati che hanno conosciuto i “comunisti dal ‘21”. Non solo i compagni della sinistra, ma anche qualcuno che militava nel partitone.
Nei decenni scorsi, essere uno di questi ultimi significava quasi sempre attirare su di sé sospetti, spiate, emarginazione, isolamenti, commiserazione – salvo essere elevati ad icone nelle ricorrenze – secondo le direttive dell’apparato e della cricca dirigente togliattiano – stalinista.
Si trattava di compagni che avevano pagato prezzi durissimi nella prima opposizione al fascismo, e che proprio per questo non potevano trovare spazi di rilievo nel “partito nuovo”.
Poi, invece, c’erano i “nostri”, quelli rimasti con la sinistra bordighiana, che negli anni successivi condussero la battaglia interna contro il “centro” di Gramsci e Togliatti e la “destra” di Tasca, fino alla sconfitta di Lione del ’26 e le successive espulsioni.

LE TAPPE VERSO LIVORNO ‘21


Bologna, 5-8 ottobre 1919
Congresso di Bologna del PSI. Bordiga chiede l’accettazione del programma dell’Internazionale Comunista (IC) e dunque l’allontanamento dei riformisti. La maggioranza del congresso vota per l’odg massimalista elezionista di Serrati; le sezioni che sostengono Bordiga dichiarano costituita la Frazione Comunista Astensionista (FCA) che, per ora, rimane nel PSI.

Torino, marzo 1920 Gli imponenti scioperi operai a Torino accendono il dibattito tra i gruppi che parteciperanno alla fondazione del PCdI. Il gruppo torinese de “L’Ordine Nuovo”, diretto da Gramsci, Tasca, Togliatti, Terracini, lancia le parole d’ordine delle Commissioni Interne come embrione di potere dei produttori e del “controllo operaio sulla produzione”; il gruppo bordighista napoletano de “Il Soviet” e la sinistra socialista milanese ne respingono l’impostazione gradualista (e di un consiliarismo “riformista”), ribattendo che tale obiettivo è da realizzarsi solo in vista della conquista del potere politico da parte del partito.

Firenze, 16 maggio 1920
Conferenza di Firenze. La FCA discute l’appello dell’IC per costituire un Partito Comunista che guidi “il proletariato italiano alla conquista del potere e alla repubblica italiana dei Soviet”.

Mosca, 23 luglio – 7 agosto 1920
II Congresso dell’IC. La delegazione italiana è eterogenea: oltre a Bordiga vi sono Polano, l’unitario Serrati a Bombacci, il “destro” Graziadei, i riformisti D’Aragona, Bianchi, Colombino, i rappresentanti delle Cooperative Dugoni e Nofri. E’ iI congresso dei 21 punti, le condizioni di ammissione all’IC, che dà l’indicazione di operare la scissione nel PSI “il più a sinistra possibile”.

Milano, 15 ottobre 1920
Incontro dove viene formalizzata la frazione comunista; preparazione del convegno di Imola.

Imola, novembre 1920
Imola, 33 km da Bologna. Il perché di tale scelta lo ricorda Onorato Damen nel 1951: “dopo i fatti di palazzo D’Accursio, la numerosissima e potentissima federazione bolognese era praticamente in disarmo”. L’uccisione in una sparatoria a Bologna di un consigliere comunale di destra aveva scatenato la violenza nera e “l’organizzazione cittadina del partito aveva dimostrato di non essere in grado di assicurare da sola la difesa armata della locale Camera del Lavoro dai reiterati assalti delle squadre fasciste; fu necessario attingere ogni volta alla organizzazione d’Imola sorretta da gruppi di validissimi combattenti (guidati da Marabini, il “più destro dei sinistri” come ricorda Fortichiari) che dimostrarono in quella fase, pur calante, del movimento operaio capacità, abnegazione e sacrifici degni di essere ricordati”. Damen, uno dei fondatori del PCdI, futuro deputato e dirigente della sinistra del partito, continua dicendo che “il Convegno di Imola ha svolto un ruolo non solo di preparazione del Congresso di Livorno, ma ha sciolto i nodi di contraddizioni e d’immaturità che irretivano da troppo tempo le maggiori correnti della sinistra rivoluzionaria ancora incapsulate nei ranghi del Partito Socialista. Il problema centrale incombente sul Convegno risiedeva nel fatto che la creazione del partito presupponeva lo scioglimento sia della frazione astensionista (Il Soviet), come del gruppo torinese dell‘“Ordine Nuovo” con la sua organizzazione dei “Consigli”.

Livorno, 21 gennaio 1921
Al XVII Congresso del PSI che si svolge al teatro Goldoni i delegati aderenti alla mozione di Imola (che ottiene 58 783 voti), dopo la votazione che a maggioranza respinge le condizioni dell’IC (ottiene la maggioranza la mozione di Firenze o dei comunisti unitari con 98 028 voti), abbandonano la sala del congresso e raggiungono il teatro San Marco: nasce il Partito Comunista d’Italia, sezione della Internazionale Comunista. Il programma viene sintetizzato in dieci punti, che richiamano l’abbattimento violento del potere borghese attraverso il partito, organo indispensabile della lotta rivoluzionaria che riunisce la parte più avanzata e cosciente del proletariato (“la forma di rappresentanza politica nello Stato proletario è il sistema dei consigli dei lavoratori (operai e contadini) già in atto nella Rivoluzione russa, inizio della rivoluzione proletaria mondiale e prima stabile realizzazione della dittatura proletaria”), la gestione collettiva della produzione e della distribuzione e l’eliminazione della divisione in classi ed in progressiva dello Stato.
Nasce il Partito della rivoluzione, in una fase di riflusso delle lotte operaie, col fascismo in ascesa. Il Comitato Centrale è composto di 15 membri, di cui otto appartenenti alla frazione astensionista (Bordiga, Grieco, Fortichiari, Repossi, Parodi, Polano, Sessa, Tarsia), cinque alla corrente massimalista (Belloni, Bombacci, Gennari, Marabini, Misiano), due all’Ordine Nuovo (Gramsci, Terracini). La direzione è affidata al Comitato Esecutivo composto da Bordiga, Fortichiari, Grieco, Repossi, Terracini.

Tanto la vulgata quanto la storiografia “ufficiale”, grazie gli stravolgimenti della storia ad opera dello stalinismo, hanno sempre attribuito la fondazione del partito a “Gramsci e Togliatti”. In realtà il vero artefice della scissione fu Amadeo Bordiga e con lui la frazione astensionista, che da tempo dedicava le proprie energie per una rottura “il più a sinistra possibile” che liberasse le forze autenticamente rivoluzionarie secondo gli insegnamenti dell’Ottobre bolscevico, rompendo con ogni prospettiva unitaria all’interno del PSI. Da Livorno in poi, sino a quando sarebbe cominciata l’offensiva dell’IC contro la sinistra il PCdI camminò nel solco dei principi enunciati all’atto della scissione.
Nonostante tutto ciò, nell’esposi-zione delle testimonianze sulle origini v’era più di un punto di contatto tra quelli “dal ‘21” rimasti nel PCI e quelli della sinistra. I racconti dei memorabili sabotaggi nel 1919-20 ai treni carichi di armi dirette in Russia da utilizzare contro i bolscevichi (i compagni ferrovieri che passarono le informazioni relative ai treni avrebbero pagato col licenziamento due anni dopo), dei ciclisti rossi, dell’occupazione operaia delle fabbriche, degli scontri coi fascisti, dell’autodifesa, della galera, degli attacchi al “Barnum” (così chiamavano il PSI dopo la scissione), tutto questo era in comune. La differenza però non tardava ad emergere, coi primi che giustificavano la scelta di militare nel partitone perché non approvavano l’estremismo ed il settarismo di Bordiga; i nostri, al contrario, rivendicavano quel settarismo perché altrimenti tanto valeva essersi separati da riformisti traditori e massimalisti parolai. Poi il racconto si faceva più cupo, e allora si parlava di quelli che non c’erano più, inghiottiti tanto dai gulag staliniani quanto dai campi di sterminio nazisti. E quante volte l’ascoltare si accompagnava alle emozioni, come ad esempio quando quel figlio di uno “dal ’21”, che si chiamava Libero Pace Lavoro, sì, proprio così, mi raccontò che era un caso che lui fosse lì a parlarmi perché dopo la fondazione del PCdI il padre, con in braccio lui ancora in fasce, era stato circondato da una squadraccia nera, e non aveva esitato a mollare il povero Libero sul selciato scagliandosi contro le belve fasciste; lui certo allora non si rese conto di nulla, ci pensava la madre a ricordarglielo, ogni volta che nel ventennio il padre veniva prelevato e rinchiuso a San Vittore …
Al Partito Comunista d’Italia arrivarono soprattutto giovani e giovanissimi (la Federazione Giovanile in blocco), molti erano poco più che adolescenti con le “braghe corte”, ma avevano già conosciuto la fabbrica e le dure lotte sul lavoro, dunque non avevano nulla da invidiare ai “vecchi” per entusiasmo, coscienza di classe e voglia di rivoluzione; con quello spirito affrontarono le durissime prove che li attendevano.
Coloro che rimasero nel PSI, dai riformisti ai terzini fino a quelli che sarebbero entrati nel PCdI tre anni dopo per allearsi col “centro di Gramsci– Togliatti contro la direzione di sinistra, al fine di snaturare il partito allineandolo alle direttive di Mosca, fecero notare (proprio come i borghesi di fronte alla Comune di Parigi), che nel PCdI e nella Federazione Giovanile non v’erano personalità di rilievo, solo anonimi operai.
I “teppisti” gli risposero a dovere, senza farsi troppi problemi di galateo; era finalmente giunta l’ora di fare i conti con “traditori, farabutti, mascalzoni, canaglie, parassiti” … scrivevano proprio così, quei nostri compagni comunisti, in quel memorabile inizio del 1921.
Sono le nostre origini, con un luogo (Livorno) ed una data precisa: 21 gennaio 1921.
Novant’anni dopo abbiamo il dovere di commemorarla con la militanza rivoluzionaria internazionalista quotidiana.







AP

Pubblicato su: 2011-01-28 (1611 letture)

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