Moduli
· Home
· Abbonati al giornale
· Archivio
· insiemecontroilrazzismo
· Volantini

Chi è Online
In questo momento ci sono, 0 Visitatori(e) e 0 Utenti(e) nel sito.

Languages


English French Italian

N°18 Pagine Marxiste - Ottobre-Dicembre 2007
Dama cinese in Asia Centrale



La crisi politica in Pakistan va vista nel contesto dei rapporti tra le potenze in Asia.
Il Pakistan, nato nel 1947 da una scissione dall’India fomentata dalla Gran Bretagna, è stato per decenni appoggiato dalle potenze (in primis da Cina e Stati Uniti) interessate al contenimento dell’India ad oriente e della Russia ad occidente (in Afghanistan).
Il rimescolamento delle carte in Asia, con il disfacimento dell’URSS, la distensione sino-indiana e il riavvicinamento tra India e USA riducono questa “rendita di posizione diplomatica” e il sostegno esterno ai gruppi che detengono il potere in Pakistan, mettendo a rischio la stessa unità dello Stato.
Il nuovo quadro multipolare in Asia non attenua ma intensifica in prospettiva le tensioni e le lotte tra le potenze.

“Mano nella mano”

Dal 1962, data del conflitto combattuto sull’Himalaya, per la prima volta Cina e India a fine 2007 hanno collaborato a “giochi di guerra” nello Yunnan, manovre militari congiunte, che hanno coinvolto qualche centinaio di uomini. Finora India e Cina sono state soprattutto rivali, tanto che all’epoca dei test nucleari indiani (1998) l’India li giustificò come mezzo per limitare la minaccia cinese. Nell’ultimo periodo, tuttavia, i conflitti nella contesa area del Kashmir e sul confine himalayano si sono ridotti. L’attenzione dei due governi si è focalizzata piuttosto sul fondamentalismo islamico che minaccia la stabilità sia dello Xinjiang cinese che del Kashmir e dell’Assam indiani. In anni recenti sono state rivali nella corsa a garantirsi le risorse energetiche e le materie prime, in Africa come sul Caspio o in Birmania e in Russia; ma nel gennaio 2006 hanno sottoscritto un accordo che prevede, in occasione di aste per le risorse energetiche, una cooperazione per non far salire eccessivamente i prezzi. L’accordo è stato onorato in una serie di acquisti congiunti della cinese Sinopec e dell’indiana Oil and Natural Gas Corporation. Commercialmente sono in parte complementari (e il loro interscambio sta crescendo), ma sono in gara per attirare capitali e investimenti e per acquistare tecnologie avanzate. Grazie alla sua posizione geografica l’India mira a estendere il suo dominio dall’Oceano indiano ai mari del vicino Sud-est asiatico. Ipotesi contro cui la Cina si sta premunendo. Per il suo intenso sviluppo economico la Cina deve garantirsi i rifornimenti energetici e di materie prime. Buona parte di questi rifornimenti provengono dall’Africa (nella quale la Cina è ormai massicciamente presente) e dal Golfo Persico e passano attraverso l’Oceano indiano e gli Stretti, in particolare lo stretto di Malacca, un collo di bottiglia geo-strategico estremamente vulnerabile ad attacchi terroristici e blocchi navali in caso di conflitto internazionale. La Cina sta mettendo in atto la cosiddetta strategia del “filo di perle” che prevede la costruzione di porti e infrastrutture in una serie di paesi “amici” da Myanmar (che ha concesso alla Cina l’uso di un’isola nel Golfo del Bengala), Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan. Basi che presidiano le rotte fra lo Stretto di Hormutz e Malacca; ma anche utili per percorsi alternativi che via terra raggiungano le regioni interne della Cina, come il Tibet o lo Xinjiang. Per questo i piani infrastrutturali e i finanziamenti sono stati estesi anche a Bhutan e il Nepal.
Le manovre “Mano nella Mano” di fine 2007 sono quindi un messaggio alle altre potenze, che evidenzia i cambiamenti in corso nello scacchiere asiatico.

Gli Usa “potenza asiatica”

Il disfacimento dell’impero sovietico ha creato negli anni ’90 in Asia Centrale un “vuoto di potenza” in cui si sono inseriti gli Stati Uniti. Questo inserimento è stato accelerato dall’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, che ha fornito agli Stati Uniti il pretesto per l’invasione dell’Afghanistan (ottobre 2001) e poi dell’Irak (marzo 2003). Per sostenere questo intervento gli Usa, che da sempre sono alleati del Pakistan, hanno potuto chiedere di istallare altre basi nelle repubbliche islamiche ex sovietiche, nel cuore dell’Asia. Si delineava una strategia Usa tesa a tessere un esteso fronte di alleanze che contenessero la Cina da un lato e isolassero l’Iran e la Russia dall’altro. A questo fronte “continentale” si collega uno schema di alleanze “marittimo” che ha come poli l’India, l’Australia e il Giappone e nell’Apec (l’organizzazione di Cooperazione Economica Asia Pacifico creata da Clinton nel ’93) lo strumento politico diplomatico, per il ruolo principe che vi giocano gli Usa. Australia e Giappone sono alleati di lunga data. L’India intratteneva invece stretti rapporti con l’Urss. Implosa l’URSS e allentati in parte rapporti tra India e Russia, gli Usa hanno cercato di legare maggiormente a sé l’India, gigante demografico e in via di diventarlo anche economicamente, come contrappeso alla Cina. A questo scopo nel marzo 2006 hanno riconosciuto all’India lo status di nazione nucleare pur non avendo quest’ultima firmato il Trattato di non proliferazione, promettendo forniture di tecnologie per l’energia nucleare e garantendo l’apertura del mercato indiano ai capitali USA. L’accordo non ha avuto vita facile nei rispettivi Parlamenti, ma ha consentito l’avvio di una collaborazione militare (una esercitazione navale Usa-India nel 2006 nel Golfo del Bengala – una prevista esercitazione nel deserto del Nevada nel luglio 2008 cui dovrebbero partecipare Usa, India Australia, Nuova Zelanda, Singapore e Giappone), e soprattutto economica.

“L’Asia agli asiatici” - la “Shanghai Cooperation Organisation”

Ma sia a livello continentale che a livello marittimo si sta delineando una “risposta asiatica” alla strategia Usa. Essa poggia su due organizzazioni interasiatiche recenti, ma in rapido rafforzamento, da un lato la Shanghai Cooperation Organisation, dall’altro l’East Asian Community.
La Russia non è stata in grado di impedire la penetrazione militare Usa, e dei contingenti militari Nato con forte componente europea, in territori che in passato erano sotto la sua giurisdizione o costituivano una sua area di influenza (es. Afghanistan). La comune preoccupazione per la presenza statunitense ha portato Russia e Cina ad allearsi fra loro e con altri paesi asiatici per controbilanciarla. Essendo profondamente mutati i rapporti di forza fra i due paesi a causa della crescita cinese e del ridimensionamento della Russia (che pur tuttavia porta in dote ai propri alleati il suo potenziale di esportatore di armi da un lato, di gas e petrolio dall’altro) oggi entrambi i paesi sono interessati a una collaborazione. In più da alcuni anni la Cina sta tessendo una complessa rete di rapporti economici e politici, anche in modo inedito con ex “nemici” come l’India, appunto, ma anche il Giappone, ritagliandosi un ruolo di rilevo nella diplomazia internazionale. Dopo l’iniziale successo degli Usa nella penetrazione in Asia Centrale, oggi la loro presenza militare è limitata a una base in Kirghizistan. L’Uzbekistan si è riorientato in favore di un’alleanza coi russi, per cui gli americani e truppe alleate hanno dovuto rinunciare a utilizzare la base di Termez in Uzbekistan e lo spazio aereo di questo paese per raggiungere l’Afghanistan. Su questa decisione ha molto influito l’orientamento impresso dalla “Shanghai Cooperation Organisation” o SCO, un’organizzazione intergovernativa fondata il 14 giugno 2001, per proseguire l’esperienza del “Gruppo di Shanghai”, e formata dai capi di Stato di Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Scopo dichiarato costruire una organizzazione transnazionale per “garantire la sicurezza in Asia Centrale” combattendo "terrorismo, separatismo e fondamentalismo". Nel 2005 si sono tenute le prime esercitazioni militari congiunte fra Russia e Cina, Cina che è da molti anni primo acquirente degli armamenti russi. La Cina ha battuto il Giappone nella corsa per assicurarsi la fornitura del gas siberiano nel 2006 e nello stesso anno si è garantita importanti forniture di petrolio kazako.
Ai paesi fondatori della SCO si sono poi aggiunti come osservatori, nel   2005, Mongolia, Pakistan (su proposta cinese), India (su proposta russa) e Iran. E’ in lista d’attesa anche la Bielorussia. Pakistan e Iran hanno recentemente chiesto di diventare membri a pieno titolo della SCO. Nel caso del Pakistan, storico anche se ambiguo alleato degli Usa, può sembrare una richiesta anomala. Indubbiamente sarebbe un modo per affrancarsi dalla “protezione” americana, diventando un “corridoio energetico” dall’Asia centrale, ma può essere l’oggettiva valutazione che il riavvicinamento Usa-India del 2006 e anche la ripresa del dialogo India-Cina toglierebbe al Pakistan ogni spazio di manovra politica, anzi lo mette a rischio deflagrazione. La Cina si è mostrata favorevole all’adesione del Pakistan, ma la Russia l’accetterebbe solo in concomitanza di una entrata contemporanea dell’India (che però non lo ha finora chiesto). La Russia condiziona un eventuale sì all’Iran a un accordo di spartizione dei mercati del gas, essendo l’Iran un potenziale concorrente. Inoltre Iran e Russia potrebbero fare “gioco di squadra” nel Caspio. Quel che è evidente è la netta opposizione degli Usa all’adesione dell’Iran, ma anche del Pakistan (nel timore che si accentui il legame privilegiato con la Cina). La SCO oltre a organizzare manovre militari congiunte fra i suoi membri non manca di presentarsi come la risposta “asiatica” alla presenza Usa in Asia Centrale, mette in discussione, per ora solo a livello politico e non militare, il preteso ruolo di guardiano dello status quo che gli Usa si sono arrogati. In quest’ottica la Russia ha proposto che la SCO convochi una conferenza sull’Afghanistan e ha proposto che l’Afghanistan partecipi ai vertici come osservatore (offerta declinata da Karzai). La Cina, la cui società petrolifera Sinopec ha appena siglato un importante accordo con l’Iran per lo sfruttamento di una parte del giacimento di Yadavaran, propone un negoziato con l’Iran su modello di quello condotto con la Corea del Nord, in una Conferenza aperta a Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina, Nazioni Unite e Iran.

“L’Asia agli Asiatici” – l’East Asian Community

Realizzando un vecchio progetto dell’ex leader russo Primakov, il 14 febbraio 2007 a Nuova Delhi, i ministri degli esteri cinese, indiano e russo hanno ufficializzato una sorta di “Trilaterale” dentro la SCO che oltre a discutere di affari, si è occupata di Medio Oriente, Afghanistan, Iraq, Iran e Nord Corea, spaziando quindi dal Mediterraneo orientale al Pacifico.
E nel Sudest asiatico oltre che in Asia centrale, la Cina ha cercato la partnership del Giappone per dare soluzione diplomatica alla crisi del Nord Corea a scapito dell’influenza Usa, benché correnti politiche giapponesi continuino a ritenere che la Cina sia l’avversario strategico e puntino su un’alleanza con l’India. Oggi col nuovo premier Yasou Fukuda, figlio di un altro primo ministro, si prospetta la possibilità di una maggiore apertura del governo giapponese verso la Cina, pur senza mettere in discussione la tradizionale alleanza con gli Usa. Da un lato Fukuda esprime le esigenze dei settori finanziari e industriali che vogliono aumentare gli investimenti in Cina (nel suo primo viaggio all’estero come primo ministro, Fukuda si è recato a Pechino) e in India, dall’altro raccoglie il consenso di chi vuole comporre definitivamente le controversie con la Cina nel Mar Cinese orientale (dove si trovano giacimenti di gas). Fukuda potrebbe dare un’accentuazione “asiatista” alla sua politica estera, avvalorando una linea già intrapresa dal premier Koizumi, a favore della East Asian Community. Lanciata in un summit a Kuala Lumpur alla fine del 2005, su un’idea del premier della Malaysia, Mahatir, fautore dell’antiamericanismo in Asia, questa “Comunità dell’Asia Orientale" è un’organizzazione regionale che, accanto ai dieci paesi ASEAN, vede come comprimarie altre sei nazioni asiatiche: India, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda (da un punto di vista geopolitico consideriamo l’Oceania parte dell’Asia). Anch’essa ha per scopo dichiarato la “lotta al terrorismo”, ma anche l’integrazione economica e un’area di libero scambio, forse una moneta comune.
Inultilmente gli USA avevano cercato di impedire il varo dell’EAC, fortemente voluto dalla Cina ma silenziosamente promosso anche dal Giappone per escludere gli USA dall’Asia in alternativa all’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), ma non erano riusciti a dissuadere il Giappone, e hanno finito con l’acconsentire all’adesione australiana sotto il precedente governo filo-USA di Howard.
Ai vertici dell’EAC la Russia è invitata come osservatore. Gli Usa hanno cercato di rispondere proponendo il rafforzamento del ruolo dell’Apec, ma senza riuscirvi. Nello scenario politico dell’area, cresce l’influenza dei grandi Stati: Cina e India hanno fatto pesare il loro orientamento nella crisi birmana, garantendo di fatto la sopravvivenza del regime mentre era evidente che gli Usa premevano, sia pure solo diplomaticamente, per un cambiamento. Certamente giocheranno un ruolo nella crisi della Malaysia dove il governo in carica agisce in modo apertamente discriminatorio nei confronti delle minoranze etniche indiane e cinesi e dove è già cominciata la campagna per le elezioni 2008. Crisi in Malaysia significherebbe minaccia allo stretto di Malacca che è un interesse vitale per i rifornimenti della Cina ma anche del Giappone.
Negli equilibri del Sud-Est asiatico potrebbe influire anche la svolta impressa in Australia con la vittoria nelle elezioni federali del Partito laburista guidato da Kevin Rudd, nel cui programma elettorale c’è il ritiro delle truppe australiane dall’Irak, l’adesione al protocollo di Kyoto, un allentamento della dura politica anti-immigrazione asiatica (in particolare nei confronti dei rifugiati politici). Nel suo governo per la prima volta c’è anche un ministro, Penny Wong, immigrata nata in Malaysia da una coppia mista cinese-australiana.

Il multipolarismo asiatico si nutre di violenza e sfruttamento

Lo sviluppo impetuoso dell’Asia quindi provoca una sempre maggiore integrazione economica fra medie e grandi potenze asiatiche, una loro volontà di giocare un ruolo più autonomo e assertivo. All’aumento del peso economico si accompagna l’aumento della spesa militare, in una prima fase con l’acquisto di armamenti, poi come produttori ed esportatori. Cina, India e Pakistan (oltre alla Russia) già dispongono dell’arma nucleare. L’ultimo rapporto Sipri 2007 mette in luce il ruolo degli Stati asiatici come produttori e acquirenti di armi convenzionali. Fatte 100 le spese militari 2006, l’Asia pesa per il 15% (escluso il Medio Oriente che da solo arriva al 6%) nettamente battuta per ora dal Nord America (47%) e dall’Europa (22%). Fra i primi 10 acquirenti di armi troviamo Cina 13,7%, India 9,5% Corea del sud 3,6% Iran 2,4%.
Il multipolarismo che si sta affermando in Asia con le sue fluide alleanze (e il moltiplicarsi delle combinazioni possibili di queste alleanze) non riduce le contraddizioni ma se possibile le aumenta, anche se per ora si esprimono in conflitti periferici. Afghanistan, Pakistan, Birmania e Malaysia sono alcuni esempi.
L’attuale avvicinamento sino-indiano, se riduce le tensioni sull’Hymalaia, aumenta le contraddizioni nell’area afgano-pakistana, due paesi che al di là delle proprie contraddizioni interne non possono sfuggire alle pressioni di vecchi imperialismi e nuove potenze, data la loro importanza strategica al centro dell’Asia centrale. In particolare il Pakistan da sempre oscilla fra Cina e Usa, militarmente e ora anche economicamente; paese artificiale, eredità dell’epoca coloniale, le sue regioni di frontiera (il Punjab, il Balucistan, il Kashmir e la grande regione dei Pashtun ai confini con l'Afghanistan) sono questioni aperte, possibili focolai di crisi future. E questo ha condannato e condanna il paese a una continua instabilità politica, che ha reso arbitro della situazione un esercito fra i più repressivi e parassitari del mondo.







Pubblicato su: 2008-01-18 (1697 letture)

[ Indietro ]

 


You can syndicate our news using the file backend.php

   Get Firefox!