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N°11-12 Pagine Marxiste - Gennaio-Aprile 2006
Con il proletariato iraniano in lotta contro la feroce repressione della borghesia islamica
Iran

L’Iran è nel mirino degli Stati Uniti e delle potenze europee per il suo sforzo nello sviluppo delle tecnologie di arricchimento dell’uranio. Possono servire ad alimentare la centrale nucleare ormai ultimata dai russi, potrebbero servire un domani a produrre il plutonio per la bomba atomica iraniana. Le grandi potenze nucleari vogliono il disarmo... degli altri, per conservare il proprio monopolio della distruzione.
In realtà sull’Iran le maggiori potenze stanno giocando una complessa partita di influenze e di interessi. Se gli americani sono soprattutto intenzionati ad impedire il rafforzamento di una media potenza che gioca in proprio nel cuore energetico del mondo, gli europei hanno cercato di barattare la rinuncia alle tecnologie nucleari con l’inclusione dell’Iran nella loro area economica, i cinesi, i giapponesi, gli indiani non vogliono pregiudicare le forniture di gas e petrolio e l’export di prodotti industriali.
Mentre denunciamo le minacce imperialiste di aggressione all’Iran, e condividiamo l’opposizione ad ogni azione in questa direzione, è lungi da noi il parteggiare per lo Stato iraniano. L’internazionalismo non ha nulla a che vedere con l’antiamericanismo. L’antiamericanismo è una politica imperialista, è la politica degli imperialismi rivali degli Stati Uniti. Ė coerentemente contro l’imperialismo solo chi è contro tutti gli imperialismi a partire dal proprio, chi è innanzitutto contro il capitalismo.
L’Iran è un paese capitalista e uno Stato reazionario al massimo grado. La Repubblica Islamica è nata sul sangue di decine di migliaia di lavoratori, schiacciati dalla reazione islamica borghese dopo che erano stati protagonisti della cacciata dello Scià. La borghesia privata e di Stato che domina nella Repubblica Islamica sfrutta e reprime spietatamente ogni tentativo della classe operaia iraniana di organizzarsi e di lottare autonomamente, per la difesa delle proprie condizioni e per l’abbattimento del capitalismo. Ogni appoggio a questo Stato è una posizione reazionaria.
La nostra solidarietà va al proletariato iraniano e alle sue avanguardie che a rischio della vita lottano per organizzarlo, difenderne le condizioni e guidarlo nella lotta per il comunismo. In questo articolo documentiamo episodi di questa lotta ignorata dai mass media e da quella parte della sinistra che civetta coi movimenti islamici.


Nonostante la forte crescita economica che nel 2004 è stata del 7%, i salari continuano a decrescere dal 1988, e si aggirano sull’equivalente di €110 al mese (coi quali è possibile sopravvivere perché i prezzi di alcuni generi di prima necessità sono sussidiati).
La disoccupazione ufficiale, 1,4 milioni su 16 milioni di attivi nel 1996 (vedi n.° prec.), è salita nel 2005 a 3,2 milioni, a 4,3 milioni secondo fonti non governative. Alla debolezza sul mercato del lavoro si affianca una crescente libertà di sfruttamento del lavoro salariato. I lavoratori sono spesso costretti a firmare contratti in bianco pur di avere un posto di lavoro a tempo determinato, ad accettare il lavoro minorile per i propri figli in scantinati insalubri o a domicilio, e salari femminili pari a 1/3 di quelli maschili.

REGIME ANTIOPERAIO

Lo Stato borghese nella sua forma islamica ha garantito con tutti i suoi mezzi il massimo di sottomissione della forza lavoro al capitale grande e piccolo. Esso è sorto schiacciando il movimento dei lavoratori in una feroce repressione scatenata  nel giugno 1981, con 300-500 arresti al giorno, con l’assassinio degli oppositori nelle carceri di Teheran e in tutto il paese. Si parla di decine di migliaia, forse 100 mila vittime. Pesanti responsabilità per questa sconfitta del movimento operaio le porta il partito filorusso Tudeh, che assieme al Fronte Nazionale sostenne gli imam, legando le masse lavoratrici in movimento ad un fronte unito in difesa del capitalismo e dello Stato iraniano, con la parola d’ordine della lotta contro l’imperialismo (americano)!
Quando il clero sciita definì “anti-islamiche” le manifestazioni del 1° Maggio, i Fedayin, i Mojahedin e il Tudeh, per timore di danneggiare una presunta “unità nazionale anti-imperialista” con Khomeini e il clero, si rifiutarono di appoggiare la immensa manifestazione operaia del primo maggio 1981 a Teheran. Si rifiutarono per lo stesso motivo di appoggiare le lotte delle nazionalità oppresse, definendole lesive della “unità nazionale”. Smobilitarono, dividendolo, il movimento dei lavoratori e lo disarmarono di fronte alla repressione delle bande islamiche e del nuovo apparato statale.
I sindacati indipendenti vennero soppressi, e venne istituito un unico sindacato di regime. Anche le parziali misure di protezione del lavoro salariato sono state in buona parte smantellate nell’ultimo decennio.
Il quinto parlamento iraniano ha abolito la legislazione del lavoro per le aziende con meno di 5 addetti; nel 2002 il sesto parlamento l’ha revocata anche per i circa 300 000 annodatori di tappeti. Con l’emanazione di una legge su “adeguamento e ricambio” della forza lavoro, le imprese tessili hanno potuto licenziare circa 100 000 addetti. Il settimo parlamento (eletto nel giugno     2005) ha deciso di abolire la legislazione di tutela anche per i lavoratori con contratti a tempo determinato, che costituiscono ormai circa la metà di tutti i proletari iraniani.
Dopo la disfatta e un periodo di disorganizzazione le lotte di classe, insopprimibili, sono riprese in più parti dell’Iran. Nel 1997 duemila lavoratori petroliferi manifestarono a Teheran, un centinaio venne arrestato e molti attivisti furono licenziati. Da allora si sono avuti numerosi scioperi e manifestazioni spontanei, soprattutto nel tessile con la partecipazione di oltre 80 000 lavoratori in circa 14 000 aziende; con scioperi della fame e blocchi stradali, nonostante la repressione statale.
Nel febbraio 2005 è stato fondato il “Comitato di coordinamento per la creazione di organizzazioni operaie”1, per promuovere l’auto-organizzazione dei lavoratori, senza dipendere dal benestare delle istituzioni.

LE LOTTE ALLA KHODRO

Nonostante la repressione delle precedenti ricorrenze, anche nel 2005 sono state organizzate manifestazioni e cortei per il 1° Maggio. Quattro giorni dopo la manifestazione, è iniziata la repressione statale. Gli agenti del ministero dell’Informazione iraniano hanno prelevato dal suo posto di lavoro Sadegh Amiri, del “Comitato per la fondazione di libere organizzazioni dei lavoratori in Iran”; è stato rilasciato due settimane dopo dietro cauzione di 50mila euro.
Per quanto il proletariato iraniano sia ancora prevalentemente disperso in piccole e medie aziende, esso conta su un forte reparto di centinaia di migliaia di lavoratori concentrati nella grande industria, con presenza anche del capitale internazionale (e “democratico”) attratto dalle possibilità di sfruttamento del proletariato iraniano.
Basta uno sguardo al settore auto, che occupava 540 000 addetti nel 20002, ed è cresciuto del 147% dal 1999 al 2003. Negli ultimi anni c’è stata una corsa, soprattutto da parte di gruppi europei ad investire in Iran. Dopo PSA Peugeot-Citroën, a fine 2003 la francese Renault ha costituito a Teheran la joint venture Renault Pars3.  Nello stesso anno anche la tedesca Volkswagen ha formato una joint venture con Kerman Automotive Industries, che già collabora con Hyundai, e dal 2005 fa assemblare, dalla filiale di Kerman BAMCO, il suo modello Gol (costruito in Brasile e commercializzato in Messico e Russia) in uno stabilimento costruito in partnership con la brasiliana Petrobras nella zona economica speciale di Arg-e-Jadid, (vicino alla città di Bam, nel sud-est Iran); la coreana Daewoo, dopo essere stata acquisita da General Motors, ha abbandonato Kerman per l’embargo imposto dagli USA all’Iran.
Neppure in fabbriche di grandi dimensioni come la statale Khodro, che con    30 000 addetti è la maggiore fabbrica di autoveicoli del MO, esistono “normali” condizioni di sfruttamento. I lavoratori di Teheran l’hanno soprannominata “la camera di tortura”. Come riferisce l’Arbeitercourier aus dem Iran (Corriere dei lavoratori dall’Iran), un gruppo di lavoratori della Khodro ha denunciato alle organizzazioni operaie internazionali la situazione di arbitrio imposta dal padronato con la complicità degli organi di repressione statali: Iran Khodro non riconosce alcuna organizzazione dei lavoratori, ne proibisce la creazione, vieta le riunioni, perquisisce all’entrata e all’uscita i dipendenti; dal 1997 non ha più assunto formalmente alcun lavoratore, utilizza lavoro in appalto, costringendo così i lavoratori ad accettare salari pari a 1/3 del salario “normale”; non osserva le norme di sicurezza mettendo a rischio integrità e salute dei lavoratori, ha eliminato le gratifiche natalizie previste per legge; non rispetta gli orari di lavoro e costringe a turni ininterrotti di oltre 10 ore al giorno, prolunga l’orario di lavoro fino a portare allo sfinimento e alla morte - come è capitato ai lavoratori Peyman Raziloo, Omid Oladi e Hossein Moayedi; fa lavorare durante le festività e il venerdì (giorno di festa islamico) senza conguaglio salariale. I dirigenti ricevono invece stipendi “astronomici”.
Cronache operaie

«Per liberarci dalla povertà, dalla miseria e dalla mancanza di diritti dobbiamo prima di tutto organizzarci, e non chiediamo a nessun governo o istituzione di darci la nostra organizzazione. Ne abbiamo il diritto, la costruiremo da soli e rivendicheremo il suo riconoscimento presso il governo. […] Gli interessi di classe impegnano tutti gli uomini degni del mondo ad appoggiare i lavoratori dell’Iran.
Chiediamo a voi, avanguardia dei lavoratori e attivisti, sindacati, associazioni e a tutti coloro che stanno dalla parte della classe operaia, di appoggiarci».
(Dall’Appello del Comitato di Coordinamento per la Costruzione di una Organizzazione dei Lavoratori, 28 aprile 2005, firmato Mohsen Hakimi (traduttore) – Behrooz Khabaz (metallurgico) – Bahram Dezeki (saldatore) – Mahmood Salehi (panettiere)
Riportiamo di seguito altri significativi episodi di lotta del proletariato iraniano.

Gennaio 2002
A Teheran 10 000 insegnanti manifestano per aumenti salariali, con lo slogan «Lo stipendio annuale di un insegnante è uguale a quello mensile di un ministro».

Luglio 2002
Dimostrazione di circa 15 000 lavoratori dianzi al ministero del Lavoro e del Welfare contro le infami condizioni di lavoro e i bassi salari, e per la revoca delle leggi che facilitano i licenziamenti; attacco della polizia.
Le manifestazioni a Teheran e Isfahan in commemorazione delle poteste studentesche del 1999 sono brutalmente attaccate dalla polizia.

Giugno 2003
Circa 2000 lavoratori occupano la fabbrica tessile di Behshahr nella provincia di Mazandaran (Nord Iran) e fanno lo sciopero della fame per il mancato pagamento del salario da 27 mesi. Governo centrale e regionale cercano di intimidire gli scioperanti; le forze di sicurezza circondano la fabbrica. In Iran sia le imprese statali che private ritardano abitualmente la corresponsione dei salari, anche per lunghi periodi.

Gennaio 2004
Il 23 gennaio 2004 a Khatoonabad, provincia di Kerman, i 1500 lavoratori che avevano costruito la fonderia per il rame Nazkhaton (per la National Iranian Copper Industries Company e la China's National Non-Ferrous Metals Co.) protestano contro il licenziamento di 1250 di loro, con sciopero e sit-in assieme alle famiglie davanti alle miniere. Sono attaccati a fucilate, con utilizzo anche di elicotteri, dalle forze di sicurezza; almeno 4 i lavoratori caduti (15 per fonti non ufficiali), diversi i feriti e gli arresti.

Febbraio 2004
Babak, provincia di Kerman: 15 vittime tra gli scioperanti della fabbrica di lavorazione del rame Nazkhaton

1° maggio 2004
Le manifestazioni sono segnate da attacchi della polizia ed arresti di attivisti ed esponenti di spicco dei lavoratori: Mahmoud Salehi, già incarcerato per 10 mesi nel 2000; Jalal Hosseini, dirigente operaio locale; Borhan Divan Kord; Mohsen Hakimi.

Giugno 2005
Sciopero dei 1000 addetti di Kerman Copper Complex (lavorazione del rame), contro condizioni di lavoro, per il cibo e il salario.

Luglio 2005
Oltre 50 000 lavoratori industriali scendono in piazza in tutto l’Iran contro la politica sul lavoro del governo; le maggiore manifestazione a Ilam, 17 000; Pakdasht e Varamin, 20 000; nella provincia del Golestan, 10 000; di Khorrasan Jonoubi, 4 000; e tutti i 1000 dipendenti della Pars Electric, a Teheran. Hanno scioperato anche migliaia di operai dell’industria di Bushehr (S-O), Yazd (centro), Shushahr (Sud).
16 luglio, “Giornata del welfare e della previdenza sociale”, scioperano i lavoratori di Iran Khodro, lo sciopero parte dalla linea Peugeot e si allarga a quasi tutti i reparti; la polizia attacca ma lo sciopero continua e termina con la pubblicazione di un documento. Il documento denuncia le leggi anti-operaie, la mancanza di libertà di associazione, la repressione poliziesca, rivendica un salario minimo di 450 000 touman, la soppressione dei contratti a tempo determinato, la dissoluzione delle società di appalto e l’assunzione a tempo indeterminato dei loro addetti; il pensionamento per i lavoratori con oltre 20 anni di attività, con il calcolo del servizio militare, la riassunzione dei lavoratori licenziati per motivi politici, e afferma la solidarietà con tutti i lavoratori iraniani e le loro rivendicazioni.
La rivendicazione del salario minimo avanzata nella manifestazione del 1° Maggio, è appoggiata dai circa 1000 lavoratori della Mah-shahr Petrochemical, dai 3000 della Kashan e di altre fabbriche tessili, da quelli dei cantieri Beh-shahr Sadra, della municipalità di Kermanshah, Kermanshah Metal, Alumin (alluminio) e Shahoo (tessile).

Settembre 2005
Trecento addetti della fabbrica di pneumatici Lastik Alborz scioperano, per turni irregolari, per mancato pagamento del salario, nonostante il prestito UE di €10mn. all’azienda.
Blocco stradale nella cittadina industriale di Ghazveen di 300 operai della Poushineh Baft per il mancato pagamento del salari a 7000 lavoratori per oltre sei mesi.

Novembre 2005
100 insegnanti licenziati della provincia di Fars si uniscono allo sciopero di 400 lavoratori della provincia di Qazvin contro il licenziamento, le condizioni di lavoro, e il mancato pagamento del salario; in sciopero da una settimana 450 addetti della fabbrica di apparecchiature per le telecomunicazioni di Tadiran.
Serrata della Iran Shipbuilding & Offshore Industries Complex Co. (ISOICO) contro 1600 portuali di Bandar Abbas, per lo sciopero del 29 ottobre contro licenziamenti e tagli salariali.

Marzo 2006
I tessili della Rahim-Zadeh Weaving bloccano l’autostrada Isfahan-Teheran per protestare contro il mancato pagamento del salario da 3 mesi, e della “tredicesima”.
All’inizio dell’anno la proprietà ha sospeso la produzione della linea 1 di assemblaggio della Paykan e ne ha licenziato gli addetti. I lavoratori hanno risposto con lo sciopero, la direzione ha staccato la corrente di alcuni reparti incolpandone i dipendenti, e ha utilizzato il fatto per giustificare l’assalto sferrato nottetempo contro le abitazioni dei lavoratori. Parvis Salarvand, un operaio della linea di assemblaggio e membro del “Comitato di coordinamento”, è stato sottoposto ad interrogatorio dagli agenti della sicurezza aziendale, la Harasat, negli scantinati della fabbrica e gli è stata estorta la confessione di aver sabotato la produzione; è stato portato via e incarcerato con l’accusa di aver protestato contro il mancato pagamento delle retribuzioni e contro i bassi salari dei suoi compagni di lavoro a tempo determinato con azioni di sabotaggio. Il “Comitato di coordinamento” in realtà respinge il sabotaggio in quanto forma di lotta avventuristica, dannosa per gli stessi interessi dei lavoratori, non utile per formare una coscienza di classe, utilizzabile per di più dai capitalisti e dal governo quale pretesto per peggiorare ulteriormente le condizioni di lavoro.
Il Comitato ha chiesto a tutti i lavoratori di reagire all’arresto di Parvis aumentando l’impegno per l’organizzazione, il cui scopo – dichiara – deve essere la lotta contro il capitalismo. Il Comitato accusa: «I capitalisti e non Parvis Salarvand devono essere denunciati come sabotatori, sono loro che sfruttano fino a sfinirli i lavoratori e poi, in risposta alle loro proteste, li fanno arrestare». Grazie alle energiche proteste dei suoi compagni di lavoro e di organizzazioni operaie internazionali Parvis è stato liberato dopo 40 giorni, e il 1° Maggio è stato riconosciuto giorno di festa dalla direzione aziendale.

LA LOTTA DEGLI AUTOFERROTRANVIERI DI TEHRAN

Il 9 maggio 2005 circa 300 rappresentanti della Khaneh Kargar, e del Consiglio islamico, Shora4, entrambi controllati dal governo, hanno attaccato con pugnali e manganelli una riunione di fondazione del sindacato dei lavoratori del trasporto su autobus. Al loro presidente Ossanlou è stata rovinata la lingua con una lama.
Ciononostante il 3 giugno 2005, dopo due anni di sforzi, i lavoratori della società statale di trasporto pubblico urbano di Teheran “Sherkat e Vahed” (17 000 addetti) hanno fondato il loro sindacato indipendente, che ha chiesto lo scioglimento del sindacato giallo e il permesso di assemblea sul luogo di lavoro. L’assemblea è stata inizialmente impedita dalla polizia segreta5, ma poi conquistata con 8000 partecipanti e l’elezione dei propri rappresentanti. L’assemblea ha anche creato un fondo di solidarietà per i lavoratori licenziati a causa del loro impegno sindacale.
Il 22 dicembre 2005 Mansoor Ossanlou, segretario del sindacato di Sherkat e Vahed, è stato arrestato nella propria abitazione, e come lui altri 11 dirigenti operai; Ossanlou è ora detenuto nella sezione 209 del carcere di Evin, famigerato per le sue camere di tortura. Altri arresti di lavoratori appartenenti al sindacato sono stati effettuati durante lo sciopero del 25 dicembre proclamato per chiedere il rilascio dei compagni di lavoro.
Il 7 gennaio nuovo sciopero con altri 3 arresti di delegati sindacali: Javad Kefayati, Reza Neamati e Mohammad Namani.
Un secondo sciopero è stato organizzato per il 28 gennaio. Il 26 gennaio il “Tribunale Rivoluzionario” del regime ha convocato sei organizzatori ingiungendo loro di revocare lo sciopero. Al loro rifiuto i membri del direttivo sindacale sono stati arrestati, “preventivamente”; il 27 la polizia è andata a prelevare altri attivisti sindacali, perquisendo e mettendone a soqquadro le abitazioni, spesso incarcerando anche mogli e figli. Secondo alcune fonti un centinaio di arresti preventivi. Ciononostante lo sciopero ha avuto un’adesione di massa, e la repressione poliziesca si è scatenata sugli scioperanti: centinaia di lavoratori percossi, arrestati costretti con la forza a guidare gli autobus o gettati in carcere; Human Rights Watch parla di 500, il TUC britannico parla di 1300 arresti. Trenta i feriti gravi, mentre gli uomini delle forze di sicurezza, in abiti civili, guidavano gli autobus per spezzare lo sciopero.
Le organizzazioni internazionali ICFTU, GUF e TUAC-OECD hanno proclamato il 15 febbraio 2006 giornata di solidarietà con i lavoratori della “Sherkat e Vahed”6. Vi hanno purtroppo aderito attivamente solo sindacati di alcuni paesi; in particolare in Italia i maggiori sindacati erano troppo impegnati nella campagna elettorale dei rispettivi partiti borghesi di riferimento, per pensare ai compagni di classe iraniani.
Il 17 febbraio una settantina di detenuti sono stati rilasciati, ma mentre scriviamo non ci risulta che siano ancora stati rilasciati sei membri dell’esecutivo sindacale e due attivisti della Sherkat e Vahed. Il governo accusa alcuni dei prigionieri di incitamento alla rivolta armata contro le autorità e di avere contatti con gruppi politici dell’opposizione all’estero. Ė stato inoltre confermato il licenziamento ordinato dai servizi segreti di 46 lavoratori tra coloro che hanno protestato per l’arresto di 1300 scioperanti il 28 gennaio. Mille lavoratori di Vahed non sono ancora stato riammessi al lavoro. Continuano iniziative di lotta per il rilascio dei prigionieri, per il loro reintegro nel posto di lavoro, per il diritto di organizzazione, per il contratto collettivo di lavoro.
Il sindacato dei lavoratori del trasporto su autobus fu organizzato la prima volta nel 1979, subito dopo la rivoluzione iraniana, ma venne proibito già nel 1981 con la salita al potere degli islamici.



Note:

1. Contemporaneamente è stato fondato il “Comitato per la creazione di Libere Organizzazioni del Lavoro in Iran”, che avrebbe una connotazione più parlamentaristica

2. Iran Khodro e SAIPA sono i due maggiori gruppi, a controllo statale, produttori di auto. Iran Khodro, il maggior gruppo, che nel 2000 controllava 47 società, prima della rivoluzione del 1979 chiamato Iran National Industrial Corporation, negli anni ’60, dopo la chiusura della britannica British Talbot ne rilevò la linea di produzione e iniziò a produrre il modello Paykan, e concluse un accordo con la francese Peugeot (per la produzione della 405) e con Hyundai; Saipa, il secondo gruppo (48% di proprietà statale), 40 società, ha concluso accordi con Citroën e la coreana Kia; Pars Khodro, terzo costruttore automobilistico, appartenente prima della rivoluzione a General Motors con il nome di Iran General Motors, e poi statalizzata iniziò a produrre auto Nissan, e dal 1997 ha acquisito da Saipa la linea Renault; al suo acquisto erano interessate l’italiana Fiat e la tedesca VW, ma infine fu acquisito nel 2000 da Saipa; altri gruppi del settore sono Shahab Khodro, Iran Khodro Diesel, SAIPA Diesel, Morattab, fondata nel 1957, ma iniziò a produrre auto (Land Rover) solo nel 1970; Kerman Khodro, Raniaran e Zamyad.

3. La joint venture Renault Pars, sede Teheran, appartiene per il 51% a Renault e per il 49% a AIDCO (Automotive Industry Development Company), costituita a sua volta da IDRO (Industrial Development & Renovation Organization, l’“IRI” iraniana che dirige l’intera industria automobilistica del paese) e da Iran Khodro e Saipa.

4. Occorre ricordare che le Shora nacquero come organismi delle lotte operaie a seguito della rivoluzione khomeinista. Le Shora erano i consigli, soviet, di lavoratori industriali e braccianti agricoli, studenti e nazionalità oppresse (curdi). La sede di Teheran della famigerata polizia segreta, SAVAK, venne occupata e trasformata dai lavoratori in Khaneh Kargar (Casa dei lavoratori), centro di agitazione nazionale a cui facevano riferimento i delegati dei disoccupati e delle Shora. Da qui partirono le manifestazioni del 1° Maggio 1979. In seguito alle sanguinose repressioni dei lavoratori del 1981-83, entrambi questi organismi vennero “confiscati” dal governo e trasformati in strumenti di controllo delle lotte operaie.

5. La SAVAK venne sostituita dopo la rivoluzione khomeinista dalla SAVAMA, Sazman-e Ettela'at va Amniat-e Melli-e Iran e poi dalla VEVAK, Vezarat-e Ettela'at va Amniat-e Keshvar (chiamata comunemente ministero dell’intelligence e della sicurezza).

6. Mansoor Ossanlou, (presidente del direttivo), Ebrahim Madadi (vice-presidente esecutivo), Mansoor Hayat Gheibi (segretario commissione organizzazione), Gholamreza Mirzaee (pubbliche relazioni), Ebrahim Noroozi Gohari (segretario commissione arbitrato), Yaghoub Salimi (dell’esecutivo), Afshin Bahrami (operaio, del sindacato metallurgico), Sattar Amini (operaio di Iran Khodro).




Pubblicato su: 2006-07-19 (2971 letture)

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